Cari lettori,
dopo il vuoto della scorsa settimana, Philmosophy torna con un altro capolavoro della storia cinefila. Un film che racconta la prima guerra mondiale, che racconta gli ordini dei grandi capi e la morale dei soldati. Se La sottile linea rossa di Malick è il capolavoro del genere in ambito moderno, questa pellicola è sicuramente sua madre – o qualcosa di molto simile. Per la regia di Stanley Kubrick, un film del 1957: Orizzonti di gloria.
Prima guerra mondiale, 1916, fronte occidentale. La prospettiva di una promozione in caso di successo vince le perplessità del generale francese Mireau sull’opportunità di sferrare un attacco – richiesta dall’altro generale Broulard, suo superiore – al famigerato “formicaio”, strategica e munitissima postazione in mano ai tedeschi, posta su una collina difficilmente espugnabile. Per caricare i soldati, il generale Mireau passa personalmente in rassegna le truppe sistemate in interminabili trincee, cercando di spronarle e motivarle dopo mesi di logorante stallo: in tale occasione schiaffeggia un soldato in trance da esplosione ed impaurito. Il comando delle operazioni di attacco al “formicaio” è affidato al colonnello Dax, fermamente contrario ad un’azione che avrà un prezzo umano altissimo ed un risultato alquanto incerto, ma che si vede costretto ad obbedire. Come previsto, l’attacco è un fallimento totale. La corte marziale è convocata per direttissima.
Tecnicamente non si può nemmeno discutere di questa pellicola. “Orizzonti” (abbreviazione del titolo) è sicuramente un capolavoro di Kubrick, forse il suo primo. Tratta un argomento difficile quanto è difficile tecnicamente girare un film di guerra. La carrellata iniziale in piano sequenza che penetra la trincea e crea una descrizione dettagliata dell’animo dei soldati lì accampati da mesi ha un valore immenso ed inestimabile. Tutte le inquadrature sono studiatissime, ponderate e di impatto importante.
Le tematiche sono, oltre alla regia mozzafiato, il perno assoluto della pellicola. “Orizzonti di gloria” è un film che racconta uno spezzone di guerra, che mette in mostra uomini che odiano la guerra costretti a fare la guerra, soldati che per salvarsi la vita disattendono un ordine superiore e vengono puniti. Permette allo spettatore di capire quanta differenza ci sia fra lo stato maggiore e il soldato trincerato, fra chi deve uccidere per ordine e chi quell’ordine lo elargisce da dietro una scrivania. Mette in risalto, quindi, l’insensatezza dell’atto bellico in quanto tale. Esalta il temperamento e la psicologia dell’uomo che, anche a conoscenza della verità, disattende sempre l’amor del prossimo per l’amor del proprio e si ripara sotto vane scuse e situazioni, perché ben conscio del suo errore morale, ma altrettanto ben conscio della sua promozione sociale.
Inoltre “Orizzonti” doveva avere un finale addolcito e non duro e punitivo come quello che Kubrick aveva in mente. La produzione aveva spinto per avere un finale “buono” e lo aveva ottenuto, finché direttamente Kirk Douglas (che interpreta il colonnello Dax) non si impose e non spronò Kubrick a lasciare il suo finale facendogli così ottenere, appunto, il final cut che tutti conosciamo.
È quindi un film dalle tematiche caldissime e sensibilissime, soprattutto nell’anno d’uscita, il 1957.
Per gli amanti del genere che non vogliono una pallottola al secondo, esplosioni come se piovessero e trame di puro istinto, è una pellicola da recuperare e da vedere assolutamente.
Orizzonti di gloria è un capolavoro kubrickiano, forse il suo primo, da avere sullo scaffale e ben saldo nella memoria dell’uomo.