Cari lettori,
questo è un incontro di Philmosophy alquanto straordinario. Sì, perché come avrete sicuramente notato non sono solito parlare di film appena usciti al cinema, tranne che per The Hateful Eight, perché non voglio rovinare l’approccio che si può avere entrando vergini in quella meravigliosa sala ed anche perché ci sono così tanti film da riassaporare, persi per gli anni della storia, che trovo quasi svilente andare a recensire un film che non ha ancora detto tutto. Ma anche perché mi viene difficile un’analisi laica e “fredda” dopo solo una visione – solitamente alla prima visione mi piacciono quasi tutti i film (tranne Batman v Superman!). Ma oggi, come avrete capito, facciamo dell’atto straordinario l’ordinarietà ed andiamo a parlare di un film che il mondo intero aspettava ansioso, fra battaglie di pensieri, schieramenti opposti su etica, morale, giustizia e libertà. Un film che di potenziale ne aveva moltissimo e che ha creato un’attesa talmente tagliente e vibrante che le sale dei cinema erano divise fra: #teamcap e #teamiron. Ecco, tutto il suo valore l’ha espresso in quelle sale ed oggi, in punta di piedi, andrò a dire la mia su un film del 2016 per la regia dei fratelli Russo: “Captain America: Civil War“.
Nel 1991, agenti dell’HYDRA in Siberia risvegliano Bucky Barnes dal suo sonno criogenico e lo trasformano nel Soldato d’Inverno, condizionandolo mentalmente in modo che obbedisca a chiunque reciti una specifica combinazione di parole. In seguito Bucky viene inviato a recuperare da un automobile una valigetta contenente dei campioni di siero del super-soldato, e uccide gli occupanti del veicolo.
Nel presente, approssimativamente un anno dopo la battaglia di Sokovia, Steve Rogers, Natasha Romanoff, Sam Wilson e Wanda Maximoff impediscono a Brock Rumlow di rubare un’arma biologica da un laboratorio a Lagos, Nigeria. Durante lo scontro Rumlow aziona un giubbotto esplosivo, suicidandosi, ma Wanda limita l’esplosione, uccidendo però diversi volontari del Wakanda, e aumentando la sfiducia della comunità internazionale nei confronti degli Avengers.
Al quartier generale degli Avengers, il segretario di stato Thaddeus Ross informa gli Avengers che le Nazioni Unite hanno stipulato gli Accordi di Sokovia, che stabiliranno un ente governativo internazionale per monitorare i superumani, il cui numero è in rapida crescita, e decidere quando chiedere l’intervento degli Avengers. La squadra è divisa; Tony Stark sostiene la necessità di una supervisione esterna poiché si sente in colpa per aver creato Ultron e la conseguente distruzione di Sokovia, mentre Rogers fatica a fidarsi dei governi e delle istituzioni dopo la caduta dello S.H.I.E.L.D., e ritiene che gli Avengers debbano essere liberi di decidere di propria volontà quando intervenire.
Cercherò di fare meno spoiler possibili, ma siate consapevoli che qui di seguito potremmo incappare in tempistiche avanzate del film e quindi potreste rovinarvi la prima visione. Ma se non siete fan accaniti della serie Marvel e se gradite leggere i pensieri di un (non) comune mortale, allora proseguite pure. Anzi, accomodatevi!
Inizio col dire che non ho letto i rispettivi fumetti e quel che so sul mondo Marvel lo so esclusivamente tramite i film che la stessa ha rilasciato negli anni. Quindi conosco gli Avengers, i loro caratteri, punti deboli e di forza, tramite i film biografici e di gruppo che tutti conosciamo. Detto ciò, possiamo davvero cominciare.
Civil War aveva in sé, prima del rilascio, un potenziale immenso. Poteva trattare temi etici e filosofici (libertà, gruppo, personalità, ego, psicologia) come nessun cinecomic avesse mai fatto. Tutto questo potenziale si è riassunto nella divisione fra il #teamcap ed il #teamiron, cosa giusta e sana per mantenere una nota pressoché passatempistica con la quale il cinema è nato e, ancor di più, con la quale andrebbero comunque vissuti film di questo genere. Sì, perché nonostante Civil War abbia al suo interno tutti questi temi, sicuramente non è un film deltoriano o cronenberghiano (per citarne due che trovate su queste pagine), ma nasce con l’intento di divertire ed intrattenere, se poi riesce pure a fare pensare è tutto di guadagnato. Il problema di questi titoli, forse, è proprio questo: possono fare, ma non fanno – o non fanno abbastanza, secondo il nostro giudizio personale. Ma io, come ho anticipato, decisi tempo fa di godermi i film Marvel per quel che sono senza andarmi ad impelagare in parallelismi con la fumettistica che, comunque, avrebbero poco senso visto che la stessa Marvel ha più volte dichiarato che il mondo cinematografico si discosterà, anche se non del tutto, da quello fumettistico.
E se il problema è nell’attesa immensa e nelle aspettative troppe elevate, lo è sicuramente anche nella realizzazione che, immancabilmente, si fa mancare qualcosa. Ma non parliamo di qualcosa di soggettivo e che, quindi, a me può esser mancato, ma al regista no – e quindi ‘sticazzi. No, parliamo di oggettività. Andiamo per gradi.
Si crea nel pubblico appassionato e non una dicotomia, una rivalità di idee e di ideologie, e si vanno formando le due grandi fazioni che dovrebbero scontrarsi nel film per valori etici e morali: #teamcap e #teamiron. E’ una cosa meravigliosa. Peccato non sia così nel film. Dopo una analessi ed una prolessi ad inizio pellicola, Civil War ci sbatte in faccia, essenzialmente, la scelta: imbrigliamo gli Avengers sotto leggi (imperfette) che potrebbero valorizzarne il proprio essere, o li lasciamo liberi di scegliere dove intervenire, quando intervenire e come intervenire? Ovviamente a sfondo di questa scelta ci sono gli accadimenti di New York, Sokovia e Lagos. Se possiamo (e forse dobbiamo) passare oltre ad alcune imprecisioni avvenute ad inizio film, a questa mancata elaborazione della scelta cosa dovremmo fare? Dov’è la discussione? Dov’è l’umanità che dovrebbe fuoriuscire in una situazione simile? Dov’è l’onere della scelta? Civil War impacchetta tutto ciò e lo sforna in cinque minuti di dialoghi, banalotti e superficiali, a sfavore di qualche linea di sceneggiatura più raffinata e pungente. Non sempre c’è necessità di essere troppo verbosi, giustamente, ma allora utilizziamo bene la dote della sintesi che non significa non dire, ma dire l’essenziale. La discussione sulla scelta viene rotta quando Cap deve lasciare la scena per recarsi altrove e, fino a fine film, non viene ripresa. Ma il film non era Civil War? Per esserci una guerra civile debbono esserci scontri ideologici. Dove sono? Li abbiamo saltati a piè pari. E, come detto, nel finale si riprende a discutere sulle motivazione dell’una e dell’altra parte, ma deviandole sul privato di ciascun personaggio, cosa meravigliosa che però tende a sviare il focus e ad interdire lo spettatore che s’inebria dello scontro finale, ma non capisce (come è successo a me) le motivazioni di Cap. Dico solo di Cap perché, e questo è un mio giudizio personale, il personaggio di Iron Man è il meglio sviluppato. Ha una storia lineare, sincera, complessa, ma bellissima nella sua lucidità che, alla fine di questo film, si apprezza e si conosce ancor di più. E se quindi sono riuscito a capire le motivazioni di Tony Stark e a capire, ancor meglio, la sua vita e la sua psicologia (che è trattata finemente e con maestria), allora non sono riuscito a capire Capitan America che, di per sé, avrebbe un ruolo eticamente meraviglioso: custode e patriota degli USA che contravviene ad un regolamento USA in favore della propria libertà d’azione (volontà di potenza, ohoh!) così divenendo un clandestino, un ricercato fuorilegge che, non solo perpetua il suo credo scontrandosi con la controparte, ma arriva allo scassino, all’atto terroristico (sì, perché quando va in quel posto a fare quella tale cosa alla fine, è un atto terroristico se pensato e vissuto dalla parte del governo USA). E’ bene dire, però, che arriva a quel gesto perché anche la controparte, quella USA e quella di Iron Man (che non è propriamente sulle idee di USA, ma crede siano le migliori se paragonate a quelle di Cap), con la sua disciplina e la sua idolatria democratica arriva ad incatenare coloro che, anche sbagliando e causando (?) migliaia di morti, hanno sempre tentato di salvare il mondo o, quantomeno, di proteggerlo.
E’ lapalissiano quindi che nessuna delle due fazioni abbia la verità, ma è lapalissiano che Civil War non cristallizza nulla di tutto questo. Ci devi arrivare tu, con le tue conoscenze della storia Marvel e la tua cultura generale. E questa sarebbe una cosa bellissima in un film di Lynch, non in uno della Marvel diretto dai fratelli Russo, intendiamoci. A Civil War mancano dialoghi, mancano scene immaginifiche, manca la descrizione del dibattito sulla scelta, sulle conseguenze, sulle migliorie e sull’onore della stessa. Manca tutto questo, quindi manca il film. Film che, tolto ciò, è anche gradevole quando non tenta di diventare prolisso e verboso in punti ed occasioni che non dovrebbero esserlo. Ci sono parti del film noiose, davvero, che non catturano l’attenzione ed anzi rilassano talmente lo spettatore quasi ad annoiarlo. Battute ironiche fuori posto; alcuni recensori dicono sia una comicità più matura. Balle. E’ comicità matura mal riuscita. Preferivo “sarcasmo ed ironia taglienti” a quelle battute scritte solo per stemperare le bellissime scene di ansia e pathos che, di per sé, andrebbero lasciate nude e crude.
Ecco, forse l’errore più grosso di Civil War è che tenta di essere maturo, non riuscendoci, ed andando a peccare laddove i film Marvel sempre avevano successo. Poi è indubbio che, ad esempio, le scene dei combattimenti siano orchestrate bene: le lotte corpo a corpo hanno una regia ed una coreografia molto accattivante, con un qualcosa di orientale (forse?). Lo scontro all’aeroporto è una delle scene più divertenti del film anche se, volendo essere matura, è stata forse un po’ troppo allungata inutilmente risultando tediosa proprio nel mezzo.
Insomma, tirando le somme (eheh!) e sapendo di aver dimenticato molte cose: Civil War è un film medio, mi verrebbe da dire mediocre – con accezione negativa – non tanto per quello dimostrato a schermo, ma quanto per quello che volutamente hanno omesso. Scene di lotta belle ed avvincenti. A volte tempi lenti e prolissi, quindi tediosi. Dialoghi troppo superficiali che solo chi è appassionato od ha una conoscenza del “settore” capisce e ne gioisce. Struttura di alcuni personaggi molto bella, di altri pessima.
Il titolo è “Capitan America: Civil War“. Perché io, guardandolo, ho avuto la sensazione che uno dei personaggi meno caratterizzati sia stato proprio il Cap? A favore, tra l’altro, del suo antagonista nella famigerata #civilwar, Tony Stark, che risulta essere, a mio parere, il miglior personaggio Marvel a livello caratteristico.
Cinema o non cinema? Mah, dipende. Gli appassionati andranno a prescindere da tutto, giustamente; chi invece è semplicemente interessato si faccia due conti. Sicuramente è un cinecomic nella media, né sopra né sotto gli altri. Personalmente l’ho odiato e lo odio perché poteva essere molto di più di quel che è stato. Peccato. Ma non è un brutto film, diciamolo.
PS: ma Visione non era mica l’ultra powa? Dov’è la sua forza? Ohibo’!