24 Marzo 2015

Uccidi il padre

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Uccidi il padre di Sandrone Dazieri

Un bel giallo è una lettura tranquillizzante, soddisfa il nostro bisogno di giustizia; di una giustizia reale, che poco ha a che fare con il conclamato bisogno di “legalità”  invocato di questi tempi da molti loschi figuri.

Non è un caso che in questi ultimi anni l’attenzione si sia spostata dalla ricerca del colpevole alla descrizione dell’ambiente sociale in cui il crimine è avvenuto, fino a diventare in molti casi la denuncia di una società e delle sue responsabilità. E dal delitto del singolo si è passati a descrivere  l’intreccio di crimine, affari , poteri dello stato; con molta più efficacia e chiarezza di quanto spesso non faccia la cronaca. Anche in Italia una generazione di scrittori ci racconta con gialli, noir, thriller, storie che aiutano a capire la nostra realtà. Devo dire molto meno rilassanti dei gialli classici, in cui, per quanto feroce fosse il delitto, era garantita  la punizione.

Di  Dazieri molti conosceranno (oltre alla lunga militanza nel centro sociale Leoncavallo), “il Gorilla” : uno scombinato investigatore milanese un po’ alter ego dell’autore, personaggio di molti suoi romanzi.

Questa è un’altra storia, intanto è un vero thriller, che fa stare col fiato sospeso e ricco di colpi di scena.

Insomma di quelli da cui non riesci a staccarti  finché non arrivi alla fine.

All’inizio mi sembrava un intreccio banale: due psicolabili a caccia di uno psicopatico, che ha rapito un bambino.  A indagare è  una poliziotta, in aspettativa perché traumatizzata da un fallimento professionale, colta da imprevedibili attacchi di panico, aiutata da un uomo, claustrofobico, che, rapito bambino è stato tenuto prigioniero in un silo per undici anni da un individuo che non gli si è mai mostrato in viso – il Padre – convinto che il  Padre sia responsabile di questo rapimento, e forse di altri.

Un terzetto di protagonisti “strani”, ma con il procedere della vicenda non solo le ossessioni diventano credibili, ma la storia  privata finisce per inserirsi in un quadro più complesso in cui la deprivazione sensoriale e l’ addestramento brutale, fatto di premi e punizioni fisiche, del bambino del silo assumono un significato molto diverso da quello di  un abuso infantile.

Dopo averci sviato con sospetti, funzionali, su qualcuno dei tanti misteri italiani,  la rivelazione finale ci pone degli interrogativi “politici” e spinge a  informarsi su vicende che sono state fatte scivolare nell’ombra.

Non posso dire di più, salvo che il ritmo è molto sostenuto, c’è una bella caratterizzazione dei personaggi minori, e si può perdonare qualche arroganza degli indagatori che si fanno più umani e pesti nel corpo e nell’anima.

Vale la pena di dormire un po’ meno, per leggerlo, ma soprattutto perché suscita domande che vi terranno svegli.

Buona lettura!

Suggerimenti

dopo avere finito il romanzo

 Cinema -The manchurian candidate 2004, di J. Demme (rifacimento del film del 1962 di J. Frankenheimer)

-Ipotesi di complotto 1997, di R Donner

Lettura   http://www.linkiesta.it/mkultra-storia-programma-controllo-mentale-cia

La lettrice disordinata.

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