L’Assemblea TransfemPg partecipa alla giornata di mobilitazione nazionale del 25 Maggio
Sabato 25 Maggio l’Assemblea Transfem ha preso parte alla mobilitazione nazionale in difesa dei consultori e del diritto all’aborto, lanciata da Non Una Di Meno e dalla Rete Consultori e Consultorie, in seguito alla recente approvazione in Senato dell’emendamento proposto dal deputato Malagola di Fratelli d’Italia, che prevede e rafforza l’accesso delle associazioni antiabortiste nei consultori inserendoli nella ripartizione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resistenza (PNRR) che riguarda il finanziamento della sanità territoriale.
Le Regioni potranno avvalersi «della collaborazione di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel campo del sostegno alla maternità» per l’organizzazione dei servizi consultoriali. Quindi, dei gruppi antiabortisti. Non si tratta di un fatto nuovo ma, adesso, gode di un chiaro sostegno politico, messo su carta.
L’emendamento è, da una parte, un ulteriore avvicinamento del governo all’elettorato antiabortista, dopo la firma del manifesto valoriale di ProVita e Famiglia in campagna elettorale, passando per l’espressione di solidarietà all’associazione dopo la manifestazione del 25 novembre a Roma; dall’altra parte è un messaggio per l’Europa.
Con le elezioni europee alle porte un simile provvedimento dichiara un’intenzione politica che va in direzione opposta a quella che la maggioranza del Parlamento europeo ha indicato con la votazione della Risoluzione in cui si invita a inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti europei. Nella Risoluzione troviamo anche una nota specifica che riguarda proprio la richiesta all’UE di monitorare e impedire che i fondi europei vengano utilizzati per finanziare le associazioni antiabortiste. L’Italia con questo emendamento sembra quindi aver accolto la richiesta dei pro-life che all’indomani della votazione della Risoluzione europea hanno esortato ad «aggiungersi ai paesi pro-vita».
Rafforzare e sostenere con fondi statali a livello nazionale la libertà di accedere ai consultori alle associazioni antiabortiste significa sfruttare la pressione psicologica (e non la decantata consulenza sulla maternità) per manipolare le nostre scelte in merito alla nostra salute sessuale e riproduttiva.
A Perugia il collettivo Transfem ha voluto dedicare una giornata di confronto sul ruolo dei consultori, analizzandone la storia passata, parlando di tutte le criticità attuali e immaginando insieme il modello di Consultoria che vorremmo.
Lo ha fatto con numerosi interventi negli spazi esterni del consultorio di Madonna Alta (uno dei pochi consultori rimasti aperti a Perugia, con numerosissime criticità strutturali), riappropriandosi di uno spazio che deve tornare ad appartenere alla collettività, un luogo nato storicamente come culla di condivisione di saperi, pareri ed esperienze.
Oggi non solo i consultori sono insufficienti, ma non svolgono più molte delle funzioni per le quali sono nati, svuotati dalla loro finalità politica per diventare in molti casi poco più che ambulatori.
Nel servizio pubblico c’è una mancanza di formazione sia su tematiche mediche, molte delle quali ancora ignorate anche a livello internazionale e di studi, che sul lato umano, sul fronte dell’approccio a tutte le soggettività. Questo perché strutturalmente la medicina che si insegna nelle università è patriarcale, insegnata da obiettori o non insegnata del tutto (ad es. la pratica dell’Igv), come emerso da uno dei tavoli dell’ assemblea cittadina pubblica chiamata da transfem nel mese di Aprile.
Oggi purtroppo ci troviamo di nuovo di fronte alla necessità di dover difendere dei diritti fondamentali guadagnati con anni di lotte, come il diritto all’aborto.
Come dimostrano le molte testimonianze raccolte dalla mappatura di Obiezione Respinta nelle strutture dove sono presenti le associazioni antiabortiste si applicano spesso varie strategie di vessazione nei confronti di chi cerca di intraprendere un percorso di Ivg: si cerca di instillare il senso di colpa e si fanno pressioni psicologiche; si costringono le pazienti ad ascoltare il battito fetale; si sottopongono le persone a colloqui indesiderati e invadenti spesso senza dichiarare sin da subito che chi pone queste domande inopportune non è uno psicologo o una figura prevista dalla procedura ma semplicemente un militante dei ProVita; si forniscono informazioni fuorvianti sulle procedure e i certificati per spingere le persone oltre il limite consentito dalla legge; si fissano gli appuntamenti molto vicini al limite perché «noi confidiamo che lei possa cambiare idea e tenere il bambino»; si diffondono false informazioni scientifiche sulla presunta pericolosità dell’aborto e sulla falsa correlazione tra aborto e cancro al seno. Del resto, come ha dichiarato la stessa Maria Rachele Ruiu di ProVita e Famiglia, la loro presenza nei consultori è volta a informare le donne su «i rischi che l’aborto comporta per la salute fisica e psichica», rischi nei quali Ruiu include il cancro al seno, la depressione e il suicidio, tutte però correlazioni smentite più volte dagli studi scientifici.
Ciò che vogliamo va ben oltre il ripristino dei servizi essenziali dei consultori : chiediamo che venga attuata un’altra idea di consultorio, con lo scopo di pensare una cura collettiva per diversi corpi ed esigenze, vogliamo una Consultoria che risponda ad alcuni limiti riscontrati quando si vuole accedere alla pratica dell’Igv, alle cure ginecologiche e alle terapie per donne, ma anche per persone trans, per migranti e chi non possiede documenti. Siamo convint3 che la sanità debba restare pubblica e vada rafforzata: la consultoria non è un semplice esperimento, ma la volontà di affermazione di una nuova pratica.
Si tratta di uno spazio inclusivo, che va oltre la medicalizzazione e garantisce la gratuità e servizi di ascolto anche con la presenza di mediatrici culturali che siano un ampliamento garantito dello staff medico, per una maggiore accessibilità.
Chiediamo uno spazio politico aperto alle diverse soggettività e intersezionale, un luogo di lotta per il diritto a una salute non privatizzata o legata alla esibizione di un documento o una residenza, che garantisca l’attuazione delle linee guida sulla pillola abortiva, che riconosca e si occupi delle cosiddette “malattie invisibili” (vulvodinia, endometriosi, adenomiosi, fibromialgia, dolore pelvico cronico).
I corpi delle donne e delle soggettività non conformi sono territori di incontro e scontro personale e politico, necessario spazio di riappropriazione e rivendicazione dei propri bisogni e desideri; luoghi di resistenza al potere ma, anche siti contesi per la riproduzione di questo stesso potere. Si tratta di una questione di potere e di potere sui corpi, di un conflitto tra modelli dominanti e parti sociali, posizionamenti, pratiche e identità non riconosciute e discriminate.
L’Assemblea Transfemminista di Perugia ha risposto alla chiamata di mobilitazione nazionale del movimento Non Una di Meno e della Rete Nazionale Consultori e Consultorie per difendere i consultori come luoghi di informazione, di accesso alla salute e di autodeterminazione.
Negli ultimi anni il movimento transfemminista ha intessuto una fitta trama di alleanze tra professioniste sanitarie, utenti dei consultori e attiviste. Sono sorte nuove consultorie, reti di accompagnamento all’aborto, progetti di mappatura e inchiesta sull’accesso all’Ivg.
Oggi più che mai sarà necessario presidiare i consultori, le politiche regionali e ogni spazio mediatico perché la persecuzione da parte degli antiabortisti nei confronti delle donne e delle persone che scelgono l’Ivg si muove a più livelli, ma può e deve essere contrastata.
Perché oggi e sempre, che gli antiabortisti siano d’accordo o meno, la maternità sarà desiderata o non sarà.
Per concludere, riprendiamo un estratto del manifesto dell’Umbria Pride 2024, che ha visto una marea coloratissima sfilare per le strade di Perugia il 1 Giugno.
“Lottiamo perché la libertà di scelta sul proprio corpo e sul proprio utero non sia in bocca a nessunǝ altrǝ se non alla persona che ha in carico la gravidanza: l’IVG deve essere garantita, e il sistema sanitario pubblico deve essere riorganizzato in modo che questa possa essere portata a termine in ogni struttura e comune, senza stigma e violenza psicologica. L’assistenza e il supporto nei consultori deve essere lasciata libera dalle ingerenze di gruppi che limitano la libertà di scelta, i consultori devono essere finanziati e raggiungere il numero necessario per potere compiere il lavoro di educazione, assistenza, cura e prevenzione di uno Stato che troppo spesso ha delegato le sue responsabilità a realtà autogestite, e che ora le attacca smantellandole.”