L’idea di fondo di questo articolo mi è venuta questa estate dopo che il prete del mio paese aveva fatto chiudere con della rete alta più di due metri l’accesso al parco vicino casa e di proprietà della chiesa, con la scusa che durante la notte la gente arrivava e faceva baldoria, troppa secondo lui, e ne aveva abbastanza delle lamentele della gente. Inorridì subito, e già pensavo alle iniziative di sabotaggio, ma non vivendo più in quel piccolo paese di provincia mi resi conto dell’inutilità del gesto e lasciai perdere.
Il tutto mi è ritornato in mente pochi giorni fa quando su tutti i media si è celebrato l’anniversario della caduta del muro di Berlino e con esso di tutto il Socialismo Reale. Le celebrazioni si sono soffermate sull’importanza della libertà e su come questa possa essere garantita solo da quello che una volta era il blocco occidentale e dal suo modello economico, il capitalismo.
Parafrasando qualcuno di famoso si potrebbe dire però che non tutti i muri sono uguali, infatti sembra che non tutti i muri siano da abbattere, prendiamo ad esempio quello in Palestina, nonostante violi il diritto internazionale e nonostante il parere negativo delle nazioni unite la sua costruzione è continuata nel tempo fino al suo completamento. Va fatto notare inoltre che non ha solo funzioni divisorie ma è anche stato un utile strumento per rubare altre terre ai Palestinesi, considerando che solo una parte è costruito sul confine, mentre il restante è ben aldilà della famosa linea verde e che guarda caso queste sono le terre più fertili.
A questo mondo di divieti, recinti e muri noi non ci arrendiamo e cerchiamo ogni giorno di cambiarlo, come? Semplice con i Ponti. Questi sono sempre stati il simbolo dell’incontro e dell’apertura verso l’altro, e non è un caso se nella nostra attività lavorativa o nelle nostre pratiche di movimento collaboriamo con “Un ponte per…” o con il “Ponte solidale”. Ponti che ci permettono di costruire legami con altri individui e, visti i tempi, non è certo poco.
Venerdì c’è stato lo sciopero dei metalmeccanici del centro nord indetto dalla F.I.O.M. e lo sciopero sociale. Quest’ultimo indetto non dai sindacati, ma da una serie di realtà sociali e politiche di movimento che da anni lavorano sulle tematiche del lavoro e del reddito e che in seguito ha visto l’adesione di moltissimi collettivi, centri sociali e sindacati di base.
Le novità riguardo questo sciopero sono molteplici: prima di tutto il suo lancio non viene solo da parte di sindacati ma anche da una rete molto vasta di soggetti, inoltre riguarda persone che per le tipologie di lavoro che svolgono hanno difficoltà ad effettuare o solamente a concepire lo sciopero in maniera tradizionale, astensione dal lavoro per bloccare la produzione e di conseguenza provocare un danno, e infine proprio partendo da questo punto, la nascita di laboratori per rendere più efficaci lo sciopero stesso.
Essendo entrato da un po’ di tempo nel favoloso mondo del lavoro vorrei partecipare anche io alla discussione e portare il mio modesto contributo affinché gli scioperi futuri si realizzino nel migliore dei modi.
Io, per esempio, andrei nei supermercati, anche iper va bene non poniamo limiti alle nostre lotte, e inizierei a fare spesa, quando arrivati alle casse giunge il momento di pagare, pagherei, ma non con moneta sonante, per esempio pagherei con delle pacche sulle spalle, si perché quante volte ci hanno dato pacche sulle spalle e detto “dai oggi non ti pago, ma non ti è andata male lo puoi mettere sul curriculum”. Oppure con i grazie dopo tirocini stage e periodi di prova non pagati, “grazie di aver lavorato con noi, tanto un tirocinio/stage/periodo di prova lo dovevi fare obbligatoriamente, meglio da noi che ti abbiamo fatto lavorare e non ti abbiamo fatto fare solo fotocopie, almeno hai imparato un mestiere”. Penso che solo con questi farei la spesa per il prossimo anno intero.
Visto poi il periodo andrei anche in banca a chiedere un mutuo e alla fatidica domanda “come intende pagarlo?” Risponderei “ma come non c’è la garanzia giovani?”, solo che in banca bisogna andarci in tanti….
Il presidente
Sai cos’è …
la TEAM?
TEAM è un acronimo che sta per Tessera Europea Assicurazione Malattie.
Molto semplicemente è una tessera sanitari che permette di avere accesso, in maniera agevole e diretta, alle cure mediche nei Paesi che fanno parte dell’Unione Europea.
Questa tessera è in vigore in Italia dal 1 Novembre 2004.
La TEAM, dal 2013, è adottata dai 28 stati membri dell’UE più gli stati membri dell’Associazione Europea di Libero Scambio (EFTA) (Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein).
A COSA SERVE?
Consente di avere accesso ai servizi sanitari pubblici o convenzionati dello stato ospitante (medici, farmacie, ospedali o cliniche) esattamente come i residenti.
Se si ricevono cure mediche in uno stato in cui l’assistenza sanitaria è a pagamento, si è rimborsati immediatamente o dopo il rientro.
In Italia
La tessera è rilasciata a tutte le persone iscritte e a carico del Servizio Sanitario Nazionale (con l’esclusione dei beneficiari di iscrizione volontaria). In quanto non destinatari di iscrizione obbligatoria, i seguenti soggetti italiani non hanno diritto alla TEAM:
Nel resto d’Europa
È possibile ottenere la tessera rivolgendosi al proprio Ente Assicurativo nel Paese di residenza, dal momento che ogni paese è responsabile della produzione e della distribuzione della tessera nel proprio territorio nazionale.
Clicca qui per avere più informazioni:
http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=563&langId=it#nationalinfo
VALIDITA’
In Italia la TEAM ha validità sei anni (Decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 25 febbraio 2010, che aggiorna il Decreto dell’11 marzo 2004), eccetto diversa indicazione da parte della Regione/ASL di appartenenza. In prossimità della scadenza, l’Agenzia delle entrate provvede automaticamente ad inviare la nuova tessera.
Negli altri Stati membri dell’UE la validità varia a seconda dello Stato che l’ha emessa.
Quando ho iniziato a pensare a questo blog e a come impostarlo ho subito pensato ad un taglio ironico, perché era nelle mie corde e perché la satira a sempre rappresentato un importante modo di critica del potere.
Dopo la sentenza sul caso Cucchi però ho provato un senso di rabbia talmente forte da non riuscire a trovare niente di ironico per parlare del caso. Sono andato allora a ripescare un bellissimo libro per trovare le parole giuste per poter parlare di carcere e detenuti, il libro è “Resurrezione” di Tolstoj e questo è quello che pensava di carceri e carcerieri.
“L’uomo al quale era affidata la sorte dei detenuti nella fortezza di Pietroburgo era un vecchio generale, discendente di una famiglia di baroni tedeschi, pieno di decorazioni che non portava, eccettuata una croce bianca che aveva sempre all’occhiello, ma era rimbambito, a quanto si diceva. Aveva combattuto nel Caucaso dove si era guadagnata quella croce, decorazione particolarmente lusinghiera, perché i suoi uomini, contadini russi in divisa e capelli corti, armati di fucili e baionette, avevano ucciso, sotto il suo comando, più di mille uomini che difendevano la loro libertà, e le loro case. Poi fu in Polonia dove costrinse nuovamente i contadini russi a commettere delitti d’ogni genere, per la qual cosa la sua divisa si arricchì di nuove decorazioni e gradi. Poi fu ancora chissà dove, e ora, vecchio e infiacchito aveva ottenuto la carica che contnuava ad esercitare, che gli procurava un bell’alloggio, il necessario per vivere e onori. Eseguiva rigorosamente gli ordini che venivano dall’alto e teneva in gran conto il suo lavoro. Qualunque cosa al mondo poteva cambiare, tranne gli ordini dall’alto. La sua funzione era di tenere segregati i criminali politici d’ambo i sessi, e di costringerli in condizioni tali che una metà di loro nel corso di dieci anni, morisse di tubercolosi, o impazzisse o si suicidasse, lasciandosi morire di fame, o tagliandosi le vene con un pezzo di vetro, o impiccandosi, o appiccandosi il fuoco. Il vecchio generale sapeva benissimo tutto, perchè tutto avveniva sotto i suoi occhi, ma la sua coscienza non ne era minimamente turbata, come non lo sarebbe stata di fronte a disgrazie causate da tempeste o da inondazioni. Lui eseguiva gli ordini dall’alto, in nome dell’Imperatore, e gli ordini non si discutono, perciò era inutile pensare alle conseguenze. Il vecchio generale non si permetteva neppure di soffermarcisi, anzi, riteneva suo dovere di patriota e di soldato non infiacchire col pensiero la sua importante opera di esecutore. Una volta la settimana il vecchio generale, per dovere di servizio, faceva il giro di tutte le case matte e chiedeva ai reclusi se non avessero qualche richiesta da fare. Le richieste erano diverse. Egli le ascoltava tutte tranquillamente, in silenzio assoluto, e non le esaudiva mai perchè non si accordavano con il regolamento.”
Per non dimenticare:
Il Presidente