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25 Giugno 2014

Lautoradio, transmedialità e Miguel Bosè

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No, non sono impazzito di botto, il titolo è giusto e ora vi spiego tutto.
Il nome Lautoradio, rigorosamente senza apostrofo, è venuto fuori durante un folle brainstorming, dove volevamo trovare per forza un nome che contenesse la parola radio e che fosse figo. Ci siamo ampiamente riusciti. Se non mi ricordo male non c’è voluto nemmeno tanto, ma la cosa da sottolineare è il processo collettivo da cui è scaturito il nome, cinque minuti folli di nomi a raffica e alla fine il colpo di genio.
La transmedialità è una modalità d’azione che ci ha guidati fin dal primo momento e si riferisce alla possibilità di utilizzare diversi media utilizzando lo stesso strumento, nel nostro caso un blog che è anche radio e in futuro anche altro, si spera. Non la farò lunga, anzi niente pipponi, ma una piccola premessa andava fatta, come diceva qualcuno “semplificare non banalizzare”.
Quindi la transmedialità non è né una parolaccia, né un offesa, né un termine di cui ridere sguaiatamente perché contiene il prefisso “trans”, quest’ultima cosa è capitata già e penso che succederà anche in futuro. Anzi proprio questo è il tema centrale e cioè l’attraversare, l’andare verso, in questo caso il passare da un media ad un altro, perché il tema centrale è proprio questo: non fare solo una radio, ma utilizzare i vari media a seconda delle necessità e delle capacità di ognuno.
In tutto questo vi starete domandando cosa c’entra Miguel Bosé? Calmi, calmi ora vi accontento.
Appena venuto fuori il nome siamo andati a controllare se esistesse già un blog con questo nome o qualcosa di simile, per nostra fortuna nessuno aveva ancora avuto l’intuizione geniale che avevamo avuto noi, ma abbiamo comunque fatto un scoperta sconcertante: il primo risultato della ricerca era la canzone di Bosé “L’autoradio”, con l’apostrofo. Tutti a dire “come faremo?”, “la gente si sbaglierà” ma alla fine abbiamo deciso: un nome così geniale non poteva essere abbandonato per un simile figuro, e di sicuro lo avremmo spodestato.
Dopo sei mesi possiamo dire che le scommesse del titolo sono pienamente vinte: “Lautoradio” è un blog attivo e seguito che a breve diverrà anche web radio, la transmedialità non è rimasta lettera morta. E per quel che riguarda Miguel, digitate su Google Lautoradio …

Il presidente.

P.S. Il mio pezzo preferito di Miguel è “Si tu non vuelves” in duetto con Shakira, il vostro?

24 Giugno 2014

I.V.G. – INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA

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Sai cos’è l’I.V.G.?

I.V.G. sta per Interruzione Volontaria di Gravidanza.

Se non ti tornano le mestruazioni e pensi di essere incinta, puoi fare un test del sangue specifico chiamato Beta HCG, molto più sicuro dei test sulle urine presi in farmacia.

Il Beta HCG può essere prescritto sia dal tuo medico di base, dalla ginecologa all’interno dei consultori o privatamente e poi prenotato in un centro CUP ed eseguito al Poliambultorio di Pizzale Europa; oppure puoi andare in un laboratorio di analisi privato ed eseguirlo senza nessuna ricetta e prenotazione al costo di circa 18€ o 30€ ( la variazione dipende dal laboratorio).

Se non hai intenzione di continuare la gravidanza e hai superato il limite di tempo massimo  per prendere la pillola del giorno dopo (entro le 72 ore dal rapporto a rischio) e Ru-486 (entro la settima settimana), esiste un piccolo intervento chirurgico gratuito che si esegue in ospedale, in genere in Day Hospital (con ricovero di mezza giornata), regolato dalla legge 194.

L’i.v.g. in Italia è legale entro i primi 3 mesi di gravidanza (12 settimane) e in casi particolari fino al 4° mese.

 Come funziona abortire in ospedale?

Per interrompere la gravidanza DEVI:

  • eseguire il test del sangue Beta HCG cioè il dosaggio ormonale;
  • far richiesta di I.V.G. presso un consultorio. Per fare la richiesta non è necessario prendere  l’appuntamento, ricorda di portare con te il risultato del test del sangue, tessera sanitaria o STP, documento di identità o foto autenticata.

La ginecologa cosa fa?

  • ti visita;
  • ti dà un foglio con la richiesta da firmare, dal giorno della firma a quello dell’interveto devono passare per legge almeno 7 giorni;
  • ti consegna un foglio per fare l’ecografia dal quale è possibile stabilire con precisione in quale giorno della gravidanza ti trovi.

Eseguita l’ecografia all’interno del consultorio, se dispone dell’ecografo, o dell’ospedale, si può prenotare il giorno dell’intervento. L’I.V.G può essere effettuato in qualsiasi ospedale della regione umbria (per esempio a Perugia, Assisi, Castiglione del Lago, Città di Castello, Foligno, Pantalla). Puoi recarti o chiamare il reparto che si occupa dell’intervento. Ricorda di portare con te tutta la documentazione ( tessera sanitaria o STP, documento di identità o foto autenticata, test, foglio di richiesta del consultorio).

Importante: se non trovi posto per fare l’intervento nell’ospedale più vicino prima che scadono i 3 mesi dall’inizio della gravidanza, rivolgiti ad altri ospedali. I numeri di telefono ti verranno consegnati nel consultorio.

Una volta che l’ostetrica avrà fissato l’appuntamento, ti chiederà di prenotare una visita anestesiologica. Questa può essere svolta in un altro ambulatorio in un giorno utile prima dell’intervento oppure il giorno dell’intervento stesso (varia a seconda dell’ospedale). Quest’ultima visita è un semplice prelievo di sangue e varie domande su precedenti interventi o su possibili allergie.

Il ricovero per l’intervento inizia di solito alle 7.00 – 7.30 e la dimissione alle 13.00 – 14.00.

In ospedale ti daranno indicazioni su cosa portarti, come ad esempio non truccarti o portare smalto, non bere e non mangiare dalla mezzanotte della sera prima.

La mattina ti faranno la cartella dove dovrai firmare i vari consensi all’operazione ed altro;  l’operazione in sè dura circa 10 – 15 minuti, il risveglio completo dall’anestesia invece circa 2 ore. Ti sentirai stordita e assonnata anche per questo è opportuno che qualcun* ti accompagni.

Al momento delle dimissioni ti verranno prescritti degli antibiotici da prendere nei giorni seguenti, per evitare rischio di infezioni, inoltre se vuoi, puoi farti prescrivere un contraccettivo di tua scelta da iniziare la sera stessa dell’intervento. Infine ti sarà consegnato un foglio con varie indicazioni, esempio: evitare di avere rapporti sessuali per almeno 15 giorni, stare attenti se si hanno grosse perdite o febbre superiore ai 38° ( in questi ultimi due casi rivolgiti al tuo medico o torna in ospedale). Ricordati di fare una visita ginecologica di controllo post operazione dopo 15 giorni.

Importante: in qualsiasi momento di questo percorso, anche il giorno stesso dell’interveto   puoi scegliere di cambiare idea e proseguire la gravidanza.

Importante: abortire più volte può far male al tuo corpo e potresti non essere più in grado di avere una gravidanza. Può anche essere causa di aborti spontanei o di una gravidanza rischiosa per te e il bambin*. Per questo ti consigliamo di utilizzare un contraccettivo ormonale come la pillola, l’anello, il cerotto o la spirale.

21 Giugno 2014

Orfani

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#2 – La locanda alla fine dei mondi

20 Giugno 2014

PERUGIA 20-06-2014. #ABBIAMO GIÀ PAGATO! VERSO IL PRESIDIO DEL 28 GIUGNO!

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Continua la campagna #AbbiamoGiàPagato che viene portata avanti dalle/gli attiviste/i ormai da tre mesi, nel corso dei quali, alle azioni, alle inchieste e ai volantinaggi, si sono aggiunte diverse assemblee, momenti di confronto e raccolta dati molto partecipate.

Una delle azioni portate avanti ha riguardato la critica della convenzione stipulata tra l’Università di Perugia, Umbria Mobilità e il Circolo Universitario San Martino, che prevede una riduzione del costo del biglietto per gli studenti e le studentesse dell’Ateneo perugino. Tale convenzione fa acqua da tutte le parti; oltre ad essere fortemente discriminatoria, infatti, sono esclusi/e dall’agevolazione tutti/e gli studenti e le studentesse che non sono iscritti/e all’UniPG, come per esempio quelli/e dell’Università per Stranieri, nonché lavoratori e lavoratrici, migranti, famiglie.

Riteniamo che i diritti non possano essere diversamente ripartiti, creando delle divisioni tra soggetti che ugualmente vivono la precarietà e che ugualmente necessitano di servizi che rendano più vivibile la città. L’obiettivo della nostra campagna è quello di rivendicare una mobilità come diritto, che non sia più fonte di guadagno per pochi, privati, ma che corrisponda alle reali esigenze di tutti e tutte.

Nei mesi precedenti siamo scesi in strada più volte con presidi, volantinaggi sugli autobus, facendo inchieste, raccogliendo impressioni e proposte per un nuovo modello di mobilità.

Oggi, in maniera provocatoria, abbiamo distribuito multe finte a chi era munito di biglietto o di abbonamento proprio per ribadire in maniera forte che noi Abbiamo Già Pagato e che i disservizi di Umbria Mobilità non dipendono da chi non paga il biglietto.

Sono state diverse le risposte alla nostra provocazione, ma nella quasi totalità delle persone intercettate abbiamo riscontrato un comune malcontento e la necessità di attivare un cambiamento.

Insieme alle multe abbiamo presentato una serie di proposte, frutto di assemblee e incontri. Tra queste le più significative sono:

  • riduzione del costo del biglietto e degli abbonamenti,
  • introduzione della tariffa variabile a tratta,
  • trasferibilità del biglietto,
  • eliminazione del blocco del biglietto all’uscita del minimetrò,
  • aumento e miglioramento delle tratte urbane e extraurbane,
  • abolizione dei tornelli sugli autobus.

Con queste proposte lanciamo un presidio davanti ai cancelli di Umbria Mobilità, sabato 28 Giugno 2014, dalle ore 10:00.

#AbbiamoGiàPagato

 

19 Giugno 2014

TRAFFICO, TRATTA E PROSTITUZIONE: ESSERI UMANI INVISIBILI

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tratta

Il mondo della prostituzione con il quale la nostra Unità di strada entra in contatto è solo una parte dell’ampio e variegato ventaglio di prodotti, servizi e possibilità che potrebbero rientrare nell’ambito di questa definizione, rappresentazione e pratica. La prostituzione che osserviamo con il nostro lavoro è la cosiddetta prostituzione out-door, ovvero in strada. È in questo contesto, seppur complesso e impossibile da decifrare in maniera univoca, stabilendone i confini, che tuttavia si manifesta con un’alta percentuale il fenomeno della tratta e/o del traffico di esseri umani, strettamente e indissolubilmente legato al tema del nostro l’articolo: l’invisibilità.

 

Occorre dire che possono esistere molteplici forme di prostituzione, che il limite tra autonomia e dipendenza, tra libertà e schiavitù, tra scelta compiuta o subìta è difficile da tracciare, e che sex workers e vittime di tratta/traffico non sono la stessa cosa.

 

La gran parte delle persone che incontriamo in strada sono persone prostitute migranti, provenienti principalmente da Romania, Nigeria, Sud-America, Albania, ex Jugoslavia, Bulgaria, Russia e recentemente Cina.

 

La presenza in strada di persone migranti è spesso legata alla questione della tratta e del traffico. Si tratta di due fattispecie criminose, la cui distinzione sta nel fatto che il traffico prevede un accordo tra il migrante e il trafficante che generalmente è un esponente di organizzazioni che gestiscono il servizio migratorio illegale, e dunque presuppone la volontà della persona che richiede di essere trasportata dietro compenso in un altro stato; la tratta invece indica la compravendita, lo spostamento di una persona contro la sua volontà dal luogo di origine a un altro, e il suo successivo sfruttamento a fini di lucro.

 

Accade di frequente che le vittime di tratta dedite alla prostituzione (così come le vittime sfruttate in diversi ambiti) siano consapevoli del tipo di lavoro che andranno a compiere, anche se non sono a conoscenza delle precise condizioni alle quali dovranno attenersi. Occorre sottolineare con fermezza, però, come scrive il dott. David Mancini, Sostituto Procuratore presso il Tribunale d Teramo, “che la conoscenza preventiva delle attività compiute nel Paese di destinazione non costituisce in alcun modo un elemento significativo per stabilire se il migrante sia vittima di traffico e di tratta. L’interprete del fenomeno, qualunque sia l’angolo di visuale adottato, deve essere preliminarmente consapevole del fatto che traffico e tratta sono fenomeni che intaccano la persona umana e la sua dimensione di diritti fondamentali, a nulla rilevando la disponibilità del migrante a compiere lavori turpi o degradati, poiché tale scelta, quasi sempre, è dettata soltanto dalla speranza di poter avere una congrua aspettativa di vita, impossibile nel Paese di origine per le più disparate contingenze (guerre, persecuzioni, povertà, sottosviluppo, etc.)”.

 

Occorre anche sottolineare che le vittime di tratta a fini di sfruttamento sessuale e le vittime sfruttate in ambiti diversi sono spesso le stesse, ovvero che una persona venga sfruttata a più livelli in diverse fasi, e che i confini tra traffico e tratta siano labili e che di frequente episodi di traffico si trasformino in casi di tratta. Che nei confronti di una persona che richiede volontariamente il trasporto illegale in un altro Stato, subentrino in seguito, durante il viaggio, la coercizione, le minacce, la violenza, e le finalità di sfruttamento.

 

Tratta e traffico sono fenomeni nuovi e in continua trasformazione, tanto che non esistono ancora fonti precise sui dati numerici delle persone vittime né sulle modalità con cui queste fattispecie criminose vengono praticate. Da qui il primo elemento che rende i fenomeni e le persone che li subiscono: invisibili.

 

La pratica a grandi linee assume caratteri diversi a seconda delle origini dei migranti e dei trafficanti. Nel caso delle persone che incontriamo in strada nel territorio umbro, generalmente le transessuali provenienti dal Sud America, una volta estinto il debito contratto per arrivare in Italia sono “libere”. Le donne provenienti dai territori dell’Africa hanno un debito così grande che difficilmente riescono ad estinguerlo, e nei loro confronti il ricatto fa leva su riti voodoo e su ripercussioni nei riguardi dei familiari.

 

Di fatto, una volta giunti nei paesi di destinazione, la maggior parte dei/lle migranti-vittime, sono sprovvisti/e di documenti di identità, di risorse finanziarie, di punti di riferimento e non conoscono la lingua. Sono quindi estremamente vulnerabili, dipendono totalmente dai loro aguzzini e sono sottoposti/e ad ogni tipo di violenza e abuso; (…) temono ritorsioni nei riguardi dei loro familiari rimasti in patria (Mancini, 2006).

 

La mancanza di documenti impedisce di essere per così dire “tracciabili” in un territorio; senza un documento è come se non esisti, e in più sei impossibilitato ad accedere a qualsiasi tipo di servizio, dall’assistenza sanitaria, ad un corso di lingua italiana e così via…

 

Non sempre l’Italia, poi, è il paese di arrivo del percorso migratorio, per cui molte delle persone che incontriamo in strada transitano velocemente in Italia dirette verso altre mete; in altri casi i tempi di permanenza nel nostro territorio o nella nostra città sono brevi, come si evince dai racconti delle persone in strada, si parla di qualche mese; vengono costrette spesso a cambiare città o Paese. Questi spostamenti le rendono invisibili e inermi, le mettono in condizioni di precarietà e fragilità, condizioni che saldano il legame con i loro sfruttatori; per cui per quest’ultimi mantenere e reiterare tale stato di cose consiste nella loro sopravvivenza e nella sopravvivenza di tutta la struttura criminale e per le vittime risulta impossibile o estremamente difficile liberarsi dallo sfruttamento. A tale scopo spesso vengono spostate nei circuiti indoor, in appartamenti privati o in locali pubblici.

 

La collocazione al chiuso riduce le possibilità di intervento da parte delle associazioni, o di tutte quelle realtà che potrebbero mediare l’accesso ai servizi e offrire opportunità di aiuto.

 

Per tale motivo le ordinanze anti-prostituzione, vanno, in base anche alla nostra esperienza di lavoro, solo a spostare il fenomeno della prostituzione da un circuito out-door a uno indoor, favorendo l’invisibilità dei soggetti vittime, favorendo il sommerso, e vanno a ridurre le possibilità di contatto, di lettura seppure sommaria del fenomeno, di instaurazione di qualsiasi tipo di relazione e quindi di produzione di qualsiasi forma di autonomia (che sia pure l’uscire da sole dal luogo in cui si abita per recarsi dal dottore), in sostanza vanno a compromettere l’affermazione di soggetti, attraverso una qualsiasi “prova” della loro esistenza e possibilità di accesso e godimento di diritti in quanto esseri umani; le possibilità di intervento; l’emersione di vissuti, di forme di vita e pratiche di sfruttamento; e l’analisi di un fenomeno complesso e difficile da decifrare, che può essere fatta attraverso la raccolta di dati e di storie.

 

Bibliografia:

 

“I piccoli schiavi invisibili. Dossier tratta 2013”, a cura di Save the Children Italia Onlus, agosto 2013.

“Traffico di esseri umani e tratta di persone: le azioni di contrasto integrate”, di David Mancini, 16/02/2006.

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