Dopo 2 anni di genocidio del popolo palestinese cos’altro deve succedere?
Dopo una settimana di scioperi, presidi, mobilitazioni e numerosi flashmob organizzati nelle piazze di tutta Italia e in oltre 200 poli ospedalieri per chiedere una risposta del governo al genocidio in corso e per la protezione degli attivisti della Global Sumud Flotila, anche Perugia ha risposto allo sciopero generale del 3 ottobre chiamato dai sindacati di base.
Le oltre 5.000 persone che hanno partecipato al corteo sono andate ben oltre la piazza destinata come punto d’arrivo: hanno invaso le strade della città arrivando fino alla stazione centrale, occupando i binari di fontivegge, azione che in città non succedeva da 15 anni.
Il flusso di mobilitazioni non si è fermato, arrivando ad organizzare oltre 5 autobus per partecipare alla chiamata nazionale del 4 ottobre a Roma indetta dai Giovani Palestinesi.
Una marea, più di 1 milione di persone, 3 km di corteo di cui non si vedeva la fine: Roma è stata bloccata, nonostante i tentativi delle forze dell’ordine di boicottare gli arrivi, fermando autobus e macchine all’uscita del casello autostradale e sottoponendoli a immotivate perquisizioni.
Quello che rende questo corteo una data storica, oltre alla partecipazione massiccia, è il fatto che ha coinvolto tutta la popolazione, non solo movimenti e associazioni che già da tempo si battevano per la causa Palestinese e denunciavano l’occupazione e l’apartheid israeliana a Gaza, ma anche singole soggettività.
La manifestazione nazionale è stata il culmine di una settimana intera di mobilitazioni sui singoli territori, presidi permanenti e due scioperi generali per urlare che non vogliamo essere complici di questo genocidio. Ci siamo ripresə le piazze e le strade, insieme, come non si faceva da anni, si è ritrovata la dimensione popolare che chiede giustizia, che si ribella ai governi e alla repressione del diritto di manifestare il proprio dissenso.
La presa di coscienza di tutt3 ci dimostra come non ci sia più argine: quando la ribellione diventa condivisa e tocca persone anche lontane dalla politica, non si può più arrestare.
La partecipazione delle piazze ha dimostrato che va difeso a tutti i costi il concetto di umanità calpestato dai governi per interessi economici e politici, scegliendo di non essere complici.
Le mobilitazioni delle ultime settimane hanno incoraggiato il superamento delle divisioni di piazza e promosso l’autodeterminazione delle manifestazioni, portando ad occupazioni spontanee proprio perché necessarie.
Il grido “blocchiamo tutto” è arrivato forte e chiaro, e la risposta dal basso è stata altrettanto decisa: non vogliamo essere complici come il governo; fermiamo gli invii di qualsiasi strumento diretto ad Israele per alimentare la sua avanzata imperialista; utilizziamo il boicottaggio come strumento per rallentare la macchina di morte guidata da Israele.
La questione palestinese diventa il simbolo di una lotta intersezionale, e ci domandiamo: è forse la Palestina che sta liberando noi?
Oggi più che mai è necessario ribellarsi e resistere ad ogni forma di colonialismo e imperialismo.
Dopo 2 anni di genocidio del popolo palestinese cos’altro deve succedere?
La mancata condanna allo stato di Israele, da parte dei governi, ha scatenato una reazione della società civile che, anche a seguito dell’azione della Global Sumud Flotilla, ha risposto in maniera unitaria e spontanea pretendendo azioni concrete per bloccare il genocidio e mettere fine alla crisi umanitaria volutamente provocata dal governo sionista.
L’azione della Global Sumud Flotilla non è stata solo umanitaria ma anche politica. Partire mettendo a repentaglio la propria sicurezza per rompere il silenzio mediatico e istituzionale sul genocidio è un atto volto a costringere i governi di appartenenza a porsi delle domande: la democrazia va tutelata solo quando viene esportata forzatamente in altri paesi o va difesa ogni giorno in tutti quei governi che si definiscono democratici?
La missione della GSF ha dimostrato al mondo come lo stato sionista si arroghi la facoltà di calpestare ogni sorta di diritto, da quello del popolo palestinese di esistere a quello internazionale.
La Palestina rappresenta la lotta al sistema colonialista e imperialista, contro i governi occidentali che non rispettano il diritto all’autodeterminazione dei popoli oppressi.
Il passato è già tornato nel presente, lo farà anche nel futuro se non reagiamo.
Oggi più che mai è necessario costruire delle alternative concrete e durature.
Senza la liberazione della Palestina non potremo mai essere liber3.