Sabato 16 dicembre Perugia ha opposto con tutta la sua forza e favolosità il rifiuto alla presenza dell’organizzazione neo fascista Casapound che ha sfilato nel quartiere di Ponte San Giovanni. Un presidio partecipato e attraversato da tante soggettività diverse con determinazione si è trasformato in un corteo ribelle che si è ripreso le strade, gridando forte e chiaro che le becere propagande intrise di odio e discriminazione devono essere rigettate senza se e senza ma.
In un contesto che vuole definirsi democratico non può esistere la possibilità di autorizzare chi rivendica la propria continuità al regime fascista e continua a praticarla con raid nei centri di accoglienza, aggressioni e intimidazioni a tutto ciò che è diverso dal modello del maschio, bianco e ariano.
Deve pensarla diversamente però la questura di Perugia che ha autorizzato e garantito la presenza di questa feccia nera, valutando la situazione politica tale da giustificare il tentativo di limitare la presenza antifascista, ma perfetta invece per far sfilare lo squadrismo. Il questore si conferma così il soggetto che realmente governa la città, colui che sceglie chi può avere agibilità politica e culturale e chi ne è escluso, più o meno malamente.
Un silenzio pesantissimo circa la pagliacciata marziale di cpi, quello del Comune di Perugia, forse troppo impegnato nella caccia ai pericolosissimi writers, vera minaccia all’assetto democratico. Ordine e disciplina suonano troppo nostalgiche? Meglio allora il binomio sicurezza/decoro, e se questo significa lo sdoganamento dell’estrema destra, ben venga.
Questo fenomeno, d’altronde, non è di certo locale ma parte integrante delle politiche di governo del PD che con l’ormai legge Minniti-Orlando sgombra ogni minimo dubbio sul suo essere un partito reazionario e liberticida. Il Partito democratico, perfetto esecutore delle politiche neoliberiste più autoritarie, preferisce il securitarismo, la criminalizzazione di migranti e poveri, alle misure volte ad incentivare l’inclusione, a contrastare la povertà e a garantire l’accessibilità dei servizi sociali nei confronti di tutte e tutti.
E il richiamo incessante al decoro urbano è significativo: ciò che conta è che le città diventino pulite e asettiche vetrine di beni di consumo, attraenti per i turisti ricchi e gli investimenti delle grandi multinazionali. Perché il fine delle politiche di governo, insieme all’assetto mediatico che lo serve, non è solo dirottare la rabbia sociale verso un nemico costruito ad hoc, che sia il migrante o il writer, la prostituta o l’occupante di case, ma soprattutto è quello di renderci tutte e tutti un po’ più docili, un po’ più controllabili e senza dubbio molto più produttivu.
L’antifascismo è oggi più che mai il rifiuto netto alle politiche di normalizzazione di tutte le soggettività che ostacolano il diktat consuma/produci/crepa e lo faremo praticando attivamente la nostra idea di città sicura, fatta di relazioni meticce e ribelli, solidarietà senza confini, cooperazione dal basso. Saremo nelle strade, nei quartieri, in ogni spazio della città, con i nostri corpi fuori norma per liberarci dalla violenza neoliberista, dal fondamentalismo del sistema eteropatriarcale, da ogni forma di suprematismo.
Indecorose e libere sempre, fascisti mai.
Assemblea Perugia Antifascista