Eccoci qua! Comincia una nuova rubrica!
Si chiama “Corpus in Fabula. Storie di altri sport” e parlerà di esperienze riguardanti un tipo di resistenza che passa attraverso un determinato modo di fare sport. Gli articoli che verranno pubblicati qui vorranno mettere in luce tutte quelle pratiche sportive che siano in qualche maniera “resistenti”, basate su un modo di vivere il proprio corpo consapevolmente dal punto di vista politico e sociale. La rubrica descriverà esperienze realizzate da persone che mettono il proprio corpo in contrapposizione con i tradizionali aspetti dello sport finalizzato al profitto, contro l’uso commerciale dell’estetismo di un corpo svuotato dalle sue proprietà intrinseche, di un corpo ridotto a mero oggetto da sfruttare al meglio secondo le dinamiche di mercificazione del capitalismo di oggi.
Il nome, “Corpus in Fabula”, fa riferimento alla capacità che il corpo ha di raccontarsi e di creare narrazioni in cui esso sia il protagonista; narrazioni che testimoniano le possibilità che abbiamo e che spesso vengono ignorate di relazionarci attraverso il corpo con il mondo esterno, con la società. Un corpo da “ritrovare” quindi, da riscoprire come parte integrante della nostra identità, e non come oggetto separato dal nostro essere noi stessi. Il corpo è, come la mente, sede di emozioni; è il primo strumento con cui conosciamo il mondo che ci circonda, è ciò che ci permettere di ricevere stimoli ma anche di emetterli all’esterno; è ciò che ci permette di dare sfogo ai bisogni, non solo quelli puramente di tipo fisico, ma anche emotivo. Ci permette ad esempio di esorcizzare il disagio derivante da condizioni di oppressione, come accade in alcuni tipi di ballo diffusi nella tradizione popolare contadina, soprattutto nel meridione (vedi, ad esempio, la Pizzica nel Salento).
Se si pensa ai concetti di corpo e mente come due entità separate, se si accetta questa dicotomia (del tutto frutto di speculazioni errate e poi portate avanti perché convenienti al sistema capitalistico), allora si comprende come alcune persone possano accettare di mettere a disposizione l’immagine del proprio corpo come fosse un modello di plastica, un manichino. Il risultato, però, è che le immagini di questi corpi catturate dalle macchine fotografiche e dalle cineprese, restituiscano allo schermo persone svuotate delle proprie emozioni, della propria individualità; solo modelli, tenenti pose costruite, finte espressioni facciali che mostrano finte emozioni. Ma il nostro corpo non è di plastica, non è fatto per essere trattato da oggetto freddo. Il corpo è ben altro che qualcosa da cui ci si possa alienare senza conseguenze, come se ci levassimo un cappotto d’addosso.
Prendere coscienza del valore del proprio corpo è di per sé un atto di resistenza. Basti pensare alle lotte che da decenni vengono portate avanti contro le ingerenze esterne di regole calate dall’alto riguardo l’utilizzo del proprio corpo; dai modelli di bellezza imposti dai media pubblicitari, alle retoriche di sedicenti moralisti legati a varie religioni. Una volta rimpossessatici dei nostri corpi, ossia di noi stessi, non c’è che mettersi in gioco ponendo l’autonomia ritrovata in posizione critica contro quei dettami e riformulare nuovi schemi di utilizzo dei corpi, che ribaltino razzismi, sessismi e fascismi vari.
Attraverso questo ritrovamento possiamo dare al nostro corpo il giusto significato. Quando pensiamo al corpo come qualcosa di inscindibile dal nostro essere, diviene possibile avviare pratiche di resistenza e di cambiamento.
È da questo approccio con il nostro corpo, che scaturiscono le basi su cui si fondano le esperienze di lotta per il cambiamento che di volta in volta verranno raccontare.
Attraverso lo sport si possono cambiare molte cose: si può combattere l’emarginazione e il pregiudizio, si possono abbattere muri fra le persone, eliminare divisioni di ogni sorta basate su categorie che, in campo, non valgono più nulla; si può creare spirito di collaborazione, si può creare dal miglioramento dello stile di vita alla scoperta di nuovi modi di affrontare il mondo. Attraverso lo sport possono nascere una serie di forme di resistenza ad un sistema che ci vuole spesso divisi, in lotta fra di noi, in lotta persino con noi stessi.
E allora, che altro dire? Che la storia abbia inizio!!!
Il Fagiano